Prima leggere, poi scrivere

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Scrivere di cibo
storie di ricette e ricettari

Qualche tempo fa, in una deliziosa libreria piena di volumi antichi, ho trovato un’edizione del 1977 (il mio anno di nascita!) de Il Carnacina illustrato. Non ho resistito all’impulso di acquistarlo, e ora è in bella mostra sulla mia libreria, negli scaffali dove tengo i libri di cucina. Sono tutti lì, a farmi compagnia, darmi suggerimenti utili, permettermi di fare ricerche, ispirarmi, insegnarmi e tanto altro.

Chi scrive di cibo, e anche chi ne è appassionato, certamente ha i propri autori e volumi di riferimento. Sono le pagine che hanno acceso la passione, la tengono sveglia, sono il luogo da cui spesso tutto è partito e sono le firme di chi ci fa sentire parte di una bella comunità.

I miei maestri di scrittura mi hanno sempre insegnato che per scrivere bene bisogna leggere bene. Per cominciare a scrivere un ricettario bisogna dunque leggere, sfogliare, capire, confrontare i più bei ricettari mai scritti. Per questo motivo, la prima lezione del corso Autobiografia culinaria e ricettari di famiglia è ambientata dentro la biblioteca di Casa Artusi per conoscere gli autori che hanno influenzato il mio modo di scrivere di cibo e costruiscono la mia biblioteca; da qui attingo per trovare spunti, ricordi, confronti e storie di cibo.

C’è tutta una serie di libri che è necessario conoscere e se possibile avere nella propria libreria, anche se io sono un’accanita sostenitrice dell’indipendenza, per cui ognuno debba costruirsi con il tempo e attraverso le strade tracciate dalla propria curiosità ed esperienze di vita una personalissima bibliografia che sarà anche ciò che, più di altro, caratterizza il proprio stile nell’impostazione di un ricettario o nella scrittura di una ricetta.

Così come certi ingredienti si trovano in ogni dispensa, esistono alcuni libri fondamentali che dovrebbero appollaiarsi nella libreria di un gastronomo. Perché seguono uno stile preciso e originale o raccontano un pezzo di storia, perché sono un bacino inesauribile di citazioni da usare a piacere, perché ogni tanto aprirli è rassicurante e ci ricorda chi siamo e da dove veniamo.

Li sfoglieremo nella biblioteca di Casa Artusi.

E non prenderemo in mano solo dei ricettari veri e propri ma anche testi di antropologia culinaria o storia dell’alimentazione e perfino romanzi che in alcuni casi traboccano di cibo, perché la ricetta si annida dove meno ce lo aspettiamo. Non pensiamo di trovare una ricetta solo dove vediamo la codifica di ingredienti e i capoversi dedicati al procedimento o l’indicazione lapidaria di misure: la ricetta può avere tante forme e tanti aspetti. Può essere un disegno o una poesia, una sceneggiatura (come in quelle di Nora Ephron) o un racconto (avete presente Estasi Culinarie di Muriel Barbery?). Dai ricettari che sono una pietra miliare della cucina italiana (quello di Pellegrino Artusi prima di tutti, ma anche Il Carnacina, il Cucchiaio D’Argento, le ricette di Ada Boni e Petronilla), a quelli che hanno cambiato la storia della cucina mondiale (come quelli di Auguste Escoffier e Paul Bocuse, ma anche i più moderni di Rene Redzepi o Virgilio Martinez o Yotam Ottolenghi). Dai libri che raccontano un territorio ben preciso, ai ricettari dedicati a un unico ingrediente o una autoproduzione (come il pane, la pizza o il gelato). Quelli che spiegano precise tecniche di cottura, quelli di pasticceria che sono – come diceva Carême – una branca dell’architettura. Oggi e da sempre a scrivere libri di cucina sono sia gli chef che i gastronomi, gli esperti e gli appassionati, e noteremo come cambia lo stile di una stessa ricetta a seconda di chi la scriva. Senza dimenticare che l’inconfondibile piacere di un libro di cucina sta anche nelle immagini o nelle illustrazioni che contiene, oltre che nella sua utilità pratica perché è scritto per poter essere usato. Di solito vale la regola che più macchioline contengono le sue pagine, più un ricettario è efficace.

“I ricettari hanno vita lunga non solo nell’editoria, che li copia o plagia senza requie, ma nelle case stesse in cui da una generazione all’altra vengono trasmessi o ereditati, e si infarciscono di note e foglietti”, spiega Alberto Capatti nella presentazione al libro “Scrivere di gusto” di Agnese Portincasa. Infatti, sfogliando il mio nuovo vecchio Carnacina ho trovato un piccolo foglietto ingiallito con riportata a matita una (indovinate un po’?...) ricetta dal titolo “Pollo di nonna Sara (1899-1974)”. Una ricetta nelle ricette, o meglio: una storia nella storia. Tutta da immaginare e raccontare.

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Martina Liverani

Giornalista enogastronomica