Pomodoro, una storia lunga e travagliata

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Assaggi di Storia

Artusi, allieta i suoi lettori con “il prete che cacciava il naso per tutto e, introducendosi nelle famiglie, in ogni affare domestico voleva metter lo zampino. Era, d’altra parte, un onest’uomo e poiché dal suo zelo scaturiva del bene più che del male, lo lasciavano fare; ma nil popolo arguto lo aveva battezzato Don Pomodoro, per indicare che i pomodori entrano per tutto.” Eppure la storia dei pomodori, in Italia, era stata lunga e travagliata. Dal Messico, el tomate era stato portato dai monaci, da un monaco, Bernardino di Sahagun, nel 1532 in Spagna, ed era giunto in Italia, senza che diventasse altro che un oggetto di studio per botanici e medici. Più belli che buoni, non trovano cuochi che li apprezzino, e il loro stesso nome italiano esalta un nuovo frutto, il pomo, d’oro. Bisogna attendere il 1692 per leggerlo cucinato.La prima ricetta pubblicata la troviamo ne Lo scalco alla moderna di Antonio Latini, cuoco che opera a Napoli, per il ministro Carrillo in un vicereame spagnolo. Eccola

Salsa di pomadoro alla spagnola

Piglierai una mezza dozzena di pomadoro, che sieno mature; le porrai sopra le brage, a brustolare, e dopo che saranno abbruscate, gli leverai la scorza diligentemente, e le triterai minutamente con il Coltello, e v’aggiungerai Cipolle tritate minute, a discretione, Peparolo pure tritato minuto, Serpollo, o Piperna in poca quantità, e mescolando ogni cosa insieme, l’accomoderai con un po’ di Sale, Oglio, & Aceto, che sarà una Salsa molto gustosa, per bollito, o per altro.

Peparolo è il peperone, serpollo il timo e la piperna ischitana è timo selvatico. “Per bollito o per altro” così Antonio Latini apre ad un consumo discrezionale e largo, ferma restando, nel titolo stesso, l’identità spagnola della salsa e l’ascendenza dal tomate. Bisognerà attendere Vincenzo Corrado e il suo Cibo pitagorico del 1782 per avere il pomidoro all’Italiana e quello alla Salentina, con una premessa che “da un eccellente Cuoco furon li Pomidoro chiamati gustosi bocconi, e salsa universale.”

Alberto Capatti, Direttore scientifico Casa Artusi