​Cibi perduti e ritrovati

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Assaggi di Storia

Il primo ricettario del genere, Alla ricerca dei cibi perduti, l’ha pubblicato Luigi Veronelli nel 1966. Erano anni in cui il boom economico aveva cancellato, a Milano, la cucina povera, le zuppe di rane che erano vendute nelle strade, quella di cipolle e molte altre tra cui la Zuppa d’aglio. Veronelli aveva con Carnacina pubblicato ricettari di successo, ma cercava ricordi lontani e vicini per rinnovare la sua cucina. La riscrive, la ripete dunque nella propria casa e la consegna ai propri lettori, ricchi o poveri. Non la troviamo in Artusi che pure aveva esperienza di zuppe e minestre.

Eccola:

8 spicchi d’aglio, 2 cucchiaiate d’olio vergine d’oliva, 2 foglioline di basilico. Un pochino di timo sbriciolato, 8 fettine di pane integrale spruzzate d’olio vergine d’oliva e di gruviera grattato fresco. Sale e pepe nero pestato nel mortaio. Riunire in una terracotta l’aglio, l’olio d’oliva, il basilico, il timo, un pizzico di pepe nero e abbondante sale, e bagnarli con 6 decilitri di acqua fredda. A calore vivo tenere la zuppa in ebollizione per 25 minuti. Mettere sul fondo di un’altra terracotta le fettine di pane, passate nel forno e dorate, e versarvi, passandola con un passino fine, la zuppa bollente. Passare la terracotta per qualche secondo in forno bruciante e servire caldissimo.

Il mortaio, la terracotta non sono più nelle cucine, il gruviera e il pepe nero non erano certo nelle case dei contadini. Per di più Veronelli consiglia di accompagnarla con “bianchi vinelli – corpo, profumo, colore lieve – serviti tuttavia ben freddi”. Ma non si finisce qui, con la lettura di un ricetta del 1966 che pure era ritrovata e riprovata, perché la zuppa d’aglio è presente in giallozafferano e buonissimo, rinata in internet come moltissimi cibi perduti grazie alle ricerche di Veronelli (che non viene citato) ed altri. Non vi resta ora che studiare le ricette rinate e confrontarla con questa, accettando il vinello bianco che, in abbinamento, invece è oggi davvero dimenticato e perduto.

Alberto Capatti, Direttore Scientifico Casa Artusi

Con il contributo Regione Emilia-Romagna L37/94 del 2022