Carteggio

Bonavita Antonio | 09/12/1907 | n.428

Lettera | Emilia-Romagna

Trascrizione CCM

Forlì 9 dicembre 1907

Signor Pellegrino

Voglio credere che le sue condizioni di salute saranno ottime e che Marietta sarà ristabilita, tuttavia per il desiderio di accertarmene lo disturbo colla presente. La sorella del sig don Zattini non è potuta rimanere nel monastero presso suor Giuseppina, ne è stato possibile collocarla in altro della diocesi perché il vescovo non glielo à permesso. Suor Giuseppina però è riuscita dopo molte pratiche a farla entrare in un monastero a Cesenatico come dozzinante e dove pare si trovi bene. Perché possa rimanervi bisognerebbe che il fratello pagasse una retta mensile di £ 30 (oltre al corredo di biancheria e altro). O pure una somma per una volta tanto di 3000 lire e così tutto sarebbe finito. Da quanto ò capito il sig don Zattini è molto imbarazzato perché le sue condizioni economiche non gli permettono di pagare neanche la retta mensile di 30 lire e preferirebbe che la sorella ritornasse in casa, cosa questa che a mio modo di vedere le procurerebbe l’inferno in casa e che dovrebbe cercare di evitare a tutti i costi. Credevo che economicamente se la passasse bene, ma sarà il contrario. Circa alla metà del mese, se Lei non ha nulla in contrario sarà bene che le spedisca il pollame, per non avvicinarsi troppo alle feste di Natale perché in quei giorni avendo le ferrovie un gran da fare non si sa quanto quei poveri animali debbono stare per istrada. Favorisca salutare la Marietta e mi creda dev.mo Antonio Bonavita.


[su altra carta, s. d., in relazione a quanto raccontato nella lettera n. 425]

Le ragioni circa al fatto sono varie, la più attendibile sarebbe questa. Il B. era trattato, dalla moglie e dal giovane che è in casa (dicesi sia l’amante della moglie), al punto di essere peggio di uno schiavo. Da qualche tempo si era dato al vino forse per stordirsi. Due settimane fa il B. a Forlimpopoli pare abbia perduto o gli sia stata carpita la somma di circa 3 mila lire in conseguenza forse dell’avere bevuto. Confidatosi della disgrazia con persone, queste avrebbero riferito la cosa a quelli di casa i quali, siccome egli doveva rendergli conto minutamente di quanto faceva, constatato l’ammanco lo anno pressato perché desse spiegazioni. Da prima pare volesse far credere di avere dimenticato di registrare qualche operazione, poi finito per confessare di averli perduti. In seguito a questo pare lo abbino picchiato. Per giustificare poi le lividure prodottegli dicevano che era caduto causa uno svenimento. La gente supponeva causa il vino. Appena estratto dal pozzo si sono curati di cambiarlo di vestito, così, se come pare vi erano tracce di percosse sotto alle vesti nessuno le ha viste. Sembrerebbe che alla serva che ha fatto l’operazione sia sfuggita la frase: «i pesti non si conoscono». Si dice che la moglie aveva voluto da lui carta di donazione e difatti aveva in mano il testamento che la chiama erede. Corre voce che in seguito a ragionamenti fatti sul B. avesse negli ultimi tempi disposto diversamente [?] e che non avendolo consegnato si sia fatto sparire. Chissà se avesse giovato a nulla, ma i parenti dato il genere di morte avrebbero dovuto farsi vivi al momento e chissà che qualche cosa non fosse venuto a galla, ma sono tutti corti di testa e così agli altri è stato facile fare i loro comodi. Non sono più in relazione con G. e non ho potuto suggerirgli nulla. So che riteneva di avere qualche cosa ed è rimasto molto avvilito. Non vorrei che facesse la stessa fine. Anche gli altri parenti sono rimasti male. Il patrimonio è di circa 200 mila lire.

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