Urbanis Ugo | 01/02/1910 | n.1680
Trascrizione CCM
Trieste 1 febbraio 1910
Carissimo sig. Artusi
Oggi desidero intrattenermi un poco con Lei ed informarmi anzi tutto della sua salute che spero ottima. Di fatti questo inverno, eccezione fatta per questo ultimo periodo piovoso è stato di una mitezza insolita che avrà permesso anche a lei di approfittare largamente (durante quei lunghi periodi di giornate quasi primaverili) per fare delle belle passeggiate e respirare a pieni polmoni l’aria libera, e non solo quella confinata della stanza come l’anno scorso. Io sto abbastanza bene e mi trovo sempre occupato con i miei affari. In questi giorni anzi abbiamo assunto l’inventario delle merci e chiusi tutti i conti, per dar principio ad una nuova annata regolare. Spero che da qui a un anno, non mi troverò disilluso nelle mie aspettative. Certo, come ella mi scriveva, che per me sarebbe un grande conforto l’avere al mio fianco una donna brava e intelligente ma anzitutto non è facile l’incontrarla e poi io devo ora pensare a sortire fuori dei miei debiti e devo cercare quindi a limitare le mie spese. Purtroppo il giorno (se mai verrà quel giorno) in cui io sarò libero almeno in gran parte dalle tante passività che mio cognato è andato accatastando sulla mia Azienda, e avrò la possibilità di formarmi una famiglia, purtroppo in quel giorno io sarò vecchio troppo per pensare ad una simile eventualità. Il destino mio quindi è di vivere solo, non un bel destino certo per un animo affettuoso come il mio. Pazienza! E Lei, buon signor Artusi, cosa legge di bello? come passa le giornate? Fortunato Lei del resto che ha vicino persone così care: la buona Marietta e la graziosa signorina Itala. Qui il Carnovale langue anzi per dir meglio è ormai morto. Non si s’accorge di essere nella pazza stagione dell’anno, pochissime maschere, pochissimi balli, e prevedo che gli ultimi giorni anziché il corso delle carrozze, le belle mascherate e il conseguente getto dei coriandoli, saranno giorni come tutti gli altri. Nei begli anni io incassavo perfino quattordicimila corone, in soli due giorni, ma che dico! in sole sei ore. Va da se che c’erano delle compagnie di giovanotti che spendevano più di duemila corone di bomboni e di confetti per gettarli dal poggiuolo sulla sottostante interminabile fila di equipaggi. Ma la gente si è fatta più seria e il denaro più raro. Basta, non voglio annoiarla con queste mie inconcludenti chiacchiere. Le desidero ogni bene e la prego di ricordarsi qualche volta del suo sempre affezionato amico Ugo Urbanis.