2006 - La cucina italiana all’estero

Data
Luogo:
Chiesa dei Servi, Forlimpopoli

Dopo aver imparato, con il convegno dell’anno scorso, che il manuale artusiano – nelle sue molteplici traduzioni – riscuote grande interesse anche fuori dal territorio nazionale, quest’anno, sempre in una ottica globale, si vuole rappresentare la cucina italiana nel mondo. Tantissimi sono gli esercizi di ristorazione che, pur nelle forti diversità, si rifanno alla tradizione gastronomica italiana. Nati in corrispondenza dei flussi di migrazione o per volontà di chef-imprenditori o nell’ambito di grandi catene , la cucina italiana è un mondo tutt’altro che uniforme che sembra comunque godere di un momento di particolare fortuna.

Con l’aiuto di esperti internazionali e grazie alla collaborazione del canale satellitare “Gambero Rosso”, si indaga su esperienze particolari, casi emblematici come quello di Jamie Oliver in Inghilterra, storie di gastronomia e gastronomi oltre confine per tentare la ricostruzione di un quadro tutt’altro che noto.

Come viene eseguita la nostra gastronomia all’estero, di quali prodotti e varietà si serve, come la cucina occupa le menti degli emigranti nelle loro corrispondenze, chi sono coloro che fanno cucina italiana nel mondo: di queste questioni ed, in sostanza, dello stato di salute e del futuro della cucina italiana all’estero, si occupa il convegno del decennale della Festa Artusiana.

MASSIMO MONTANARI, Università di Bologna

Sono passati dieci anni dall’inizio delle Feste Artusiane e ricordo che dieci anni fa Folco Portinari disse: “se a Forlimpopoli vogliamo fare una cosa seria dobbiamo impegnarci in un piano quinquennale e alla fine di questo farne un secondo”. Devo dire che arrivati al decimo anno, cioè alla fine del secondo piano quinquennale, i risultati si vedono e la solennità di questo luogo, frutto di un pregevole recupero architettonico, è la dimostrazione più palese di quanto siamo cresciuti nel frattempo, grazie al convergere di risorse e di lavoro che si sono aggregati attorno alla Festa Artusiana. Consideriamolo come un traguardo ma anche come un punto di ripartenza, perché un’avventura come questa non può riposarsi sugli allori ma deve continuamente reinventarsi.

Il tema che affrontiamo nel convegno di quest’anno è in qualche modo un’espansione, un approfondimento del tema affrontato lo scorso anno, centrato sulla figura di Artusi e sulla diffusione della “Scienza in cucina” nel mondo attraverso la sua traduzione in varie lingue. Si trattava di un percorso culturale molto chiaro e molto forte, anche dal punto di vista ideologico: voleva dire che qui, nella patria di Artusi, celebriamo la memoria della cultura locale, ma al tempo stesso la interpretiamo – questa cultura locale – come qualcosa che deve aprirsi al mondo, perché se non lo facesse non avrebbe molto interesse occuparsene. “Artusi nel mondo”, il convegno dello scorso anno, è stato l’emblema di questo modo di affrontare il tema della storia della cucina attorno a cui si svolgono questi appuntamenti di Forlimpopoli. Forte il radicamento sul territorio, ma forte anche l’espansione di questo territorio all’Italia intera, e ancora oltre, al mondo, per celebrare la “cucina di casa” come idea, prima ancora che come insieme di ricette.

Oggi apriamo il nuovo convegno che ha come titolo “La cucina italiana all’estero”. Anche qui dobbiamo intenderci. Non ci stiamo ponendo in una logica di colonizzazione: parlare di cucina italiana all’estero non vuol dire che “noi siamo più bravi e insegniamo agli altri a cucinare”; vuol dire invece che le proprie esperienze e identità culturali si estendono in confronto con altre realtà, con altre culture, e di solito in questo modo ci si arricchisce a vicenda.

Il tema delle cucine italiane all’estero lo affrontiamo da diversi punti di vista, percorrendo, come appare chiaro dal programma, la duplice linea che fin dall’inizio ha governato l’esperienza del Premio Artusi e delle Feste Artusiane: da un lato la linea della cucina e del cibo come momento di piacere e di godimento; dall’altro, parallelamente, la linea del cibo come bisogno, come necessità, come fame.

I due Premi Artusi, che anche quest’anno aprono la manifestazione, si collocano appunto su questi due versanti della cultura dell’alimentazione, non necessariamente opposti, perché il bisogno non esclude il piacere. Anche questo convegno esprime tale duplice realtà, perché, come notava già l’assessore Grandini, la presenza italiana all’estero è quella dei grandi chef (soprattutto oggi), ma è anche (e soprattutto è stata in passato) quella di povera gente che è andata ad aprire dei piccoli locali, delle piccole trattorie per sbarcare il lunario. È quindi significativo che apriamo il giro degli interventi parlando, con Fabio Caffarena, degli emigranti italiani in America e dei loro sogni alimentari.

Programma

Saluto dell’Assessore alla Cultura Mauro Grandini

Fabio Caffarena, Università agli studi di Genova - “Il cibo nelle corrispondenze degli emigranti italiani in America”

Leda Vigliardi Paravia, ambasciatrice della cucina italiana in Francia - “La cucina italiana in Francia”

Patrick Bernhard, Istituto Storico Germanico di Roma - “La pizza sul Reno. Per la storia della cucina e gastronomia italiane in Germania nel ventesimo secolo”

John Dickie, Università UCL Londra - “Rappresentazioni e consumo della cucina italiana attraverso lo “star system” gastronomico inglese: il caso di Jamie Oliver”

Rosario Scarpato, ricercatore e giornalista eno-gastronomico - “Una, nessuna, centomila: quale futuro per le cucine italiane nel villaggio globale”

Con la partecipazione straordinaria di Zeudi Araya per una testimonianza sulla ristorazione italiana in Eritrea

Durante il convegno vengono presentati da Alfredo Antonaros brevi filmati sulla ristorazione italiana all’estero, messo gentilmente a disposizione da RAI SAT GAMBERO ROSSO

presiede Massimo Montanari, Università di Bologna

coordina Alberto Capatti, Università di Scienze Gastronomiche

Allegati