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Babini Pellegrina | 27/04/1907 | n.84

Lettera | Emilia-Romagna

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Lugo (RA) 27 aprile 1907

Carissimo zio,

Nelle pratiche iniziate da Cesare si voleva assai meno di una riga di scusa. Non si chiedeva altro che avesse detto ai suoi amici alla presenza di Cesare «che fu trasportato in un momento di collera, ma che riteneva ora che io non avessi meritato il pubblico affronto» ma definitivamente ha dichiarato «essere stato nel suo diritto (!) e che se ne infischia di tutto». Fortuna che babbo è più che buono, altrimenti due famiglie sarebbero in un lutto irreparabile. Ma chi mi assicura che la sublime bontà di babbo (in un caffè ha purtroppo sentito darsi del minchione) possa sempre trattenerlo, trovandosi viso a viso con Eutimio? E una sola parola, non tolto il fatto avrebbe, ma almeno reso possibile ogni eventuale incontro così facile in un piccolo paese. La colpa che Lei attribuisce a me ed a mia madre è vera sola in parte. Purtroppo – è vero – fra mia madre e l’Enrica vi fu sempre «ruggine intensa» ma il tempo e i fatti hanno poi fatto giustizia delle due donne. Ma da parte mia non vi fu odio mai, glie lo giuro. Quando tornai dal collegio io volevo bene alla Rosina come sorella ed essa frequentò la mia casa come tale tanto che, in grazia a questo mio affetto, mamma aveva cessato ogni rancore e l’Enrica non può certo lamentarsi delle accoglienze avute. Quando poi ebbe a perdere il padre e la madre noi facemmo quanto i più affezionati parenti possono fare in simili circostanze. Fu solo dopo il mio ritorno da Firenze nel 1902 che mi si fece l’accusa (e in che modo) che io avessi sparlato di loro. Ricorda che noi accanto al fuoco componemmo il sonetto per le sue nozze? Io mi difesi della falsa accusa di aver mal parlato di loro con la Verlicchi e la Fabrini le quali scrissero la verità, che cioè io non avevo detto che bene di loro. Io ebbi il torto di non scriverle allora e dirle tutto, ma mi ripugnava metterla a parte di un fatto che le sarebbe rincresciuto e dall’altra parte io avevo la illusione che la cosa si sarebbe accomodata nell’occasione delle imminenti nozze e non dissi nulla con mamma (grave torto) trovando una scusa puerile per troncare la relazione. Da quel tempo io non scambiai più parola con loro e, si può dire, non le vidi quasi più. Quando si ruppe il matrimonio di lei io la difesi mentre loro mi facevano grave ingiuria. Ed io la sopportai quattro anni, senza dirlo con nessuno mentre una mia parola le avrebbe mandate vergognosamente davanti ai tribunali. Glie l’ho detto mi trattenne sempre il pensiero di mia madre che più volte io avevo rimproverata per l’astio che ritenevo ingiusto. Ne ho avuto il guiderdone! Vada pur tutto nel dimenticatoio e quanto ho sofferto, e schiaffo e danno di esame, tutto, ma purché mamma si rimetta e possa mettersi calma e tranquilla. Penso con raccapriccio a che cosa poteva avvenire se mamma non avesse superata la crisi. Lo sfogo che ho fatto con Lei mi ha sollevato più di ogni parola che ebbi e di stima e di conforto. La ringrazio di avermelo permesso. Ora sto meglio. Mario frequenta con onore la sua scuola e promette bene. Gradisca i saluti di tutti e da me un bacio affettuoso. Aff.ma nipote Bina.

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