Cecconi Enrico | 08/09/1901 | n.761
CCM Transcript
Firenze 8 settembre 1901
21 via Luigi Alamanni, p. t.
Mi ha scritto la signora Pinto che si divertono molto! Oggi devono essere in Amburgo e il 15 saranno a Parigi.
Preg.mo sig. Artusi
Ebbi la gradita sua del 4 corr(ente) cui avrei voluto rispondere subito, ma tutto mi faticava. Da due giorni sto un poco meglio, benché non possa dirsi che la febbre mi abbia del tutto lasciato. Ma, almeno, la notte sono sfebbrato e dormo in modo da sentirne ristoro. Nel giorno, poi, in certe ore vi è sempre un rialzo di temperatura, che indica come il male non sia vinto del tutto. Da ieri, il medico ha permesso che oltre al solito latte e alle solite due uova, io possa aggiungere un’ala di pollo ben tritata in una tazza di brodo a ½ giorno, e una minestrina di tapioca alle 6 pom(eridiane). Posso stare alzato un poco e con belle giornate come oggi, stare qualche momento in giardino. Devo sempre continuare a prendere i soliti clisteri di acido borico, e prendere altri disinfettanti per bocca. Intanto fra lo stare a letto, la dieta rigorosa e la febbre, che mi dura da quattro settimane, sono in uno stato di debolezza che non credevo possibile. Il mio medico, che è pure un mio vecchio amico, dice che questo è il regolare processo di questo genere di febbri, che somigliano molto alle tifoidi, e vanno di 7 in 7 giorni; ma non è preoccupato affatto del mio stato, e se non ci vedesse chiaro penserebbe da se a un consulto, come altra volta volle lui stesso che consultassi altri, quando ero tormentato dalle febbri malariche. Dimenticavo dirle che quando venne a suo nome la Marietta a prendere mie nuove, io non potei vederla perché alzatomi per rifare il letto, vi era rientrato in quel momento, e in quel momento avevo preso e avevo in corpo dovendolo tenere il più possibile, il liquido del clistere. Mi figuro che i primi giorni del suo soggiorno costì, avrà avuto tempo cattivo come qui e in molti altri siti. Oggi però è una splendida giornata, e il tempo pare rimesso e non faccia più temere un ritorno di caldo. Mi ha stupito quanto Ella mi dice di quella brava gente che, pare non sia più in questo momento a Firenze, almeno non è stata più veduta. Io non so immaginare che cosa possano ancora inventare a carico di M. più di quanto inventarono l’anno scorso, perché non so che cosa si potrebbe dire di più, da lingue maligne e velenose come quelle. Ma Lei come ha fatto a sapere queste cose nuove? Le hanno forse scritto una nuova epistola come quella tanto spudorata dell’anno scorso? Sarei curioso di sapere quale via hanno preso questa volta per arrivare sino a Lei che, sono certo, non avrà permesso che mettessero piede in casa sua. È certo che quella brava gente, che si trova a spasso, devono sempre cercare di raggiungere l’antico scopo, di farle cioè licenziare M., la quale è anche la sola contro cui possono scatenarsi, perché contro me non possono più nulla. Creda pure che il solo mezzo è quello di fingere di non occuparsene, e far vedere che quanto più essi perseguitano M., Lei maggiormente ne tiene di conto, raddoppiandole la sua stima e la sua fiducia. Una querela sarebbe quello che essi desiderano, perché lo scandalo si allargherebbe, e diventerebbe pubblico quello che ora si conosce e si è ripetuto fra un numero limitatissimo di persone. Io sono persuaso che in fondo sperano sempre che qualcuno perda la pazienza e la testa, e offra loro il mezzo di fare uno scandalo. Scusi la brutta calligrafia della presente ma lo scrivere mi costa anche una certa pena e fatica. Coi più cordiali saluti le auguro una buona villeggiatura, e mi creda suo dev.mo e aff.mo amico Cecconi.