Cavina Giulia | 15/10/1906 | n.617
CCM Transcript
Bologna 15 ottobre 1906
Stimatissimo sig. Artusi
Le frasi di sincera sua amicizia e di viva stima ch’Ella mi espresse nella sua del 25 decorso mese, mi commossero e mi furono di molto sollievo all’animo mio veramente esasperato, il sapere che vi sono persone di senno che condividono i vostri dolori è un gran conforto: per cui ringrazio vivamente Lei ed anche la buona Marietta, della benevolenza che hanno per me. Avrei dovuto scrivere la presente subito dopo ricevuta la sua, come di dovere. Volendo ancora parlarle degli amori di quella poca testa di Giuseppe ho ritardato per raccogliere qualche voce in proposito e trasmettergliele. Prima di tutto le dirò che questa donnaccia che non è altro a quanto dicono: la pratica da più di un anno; e in questo tempo sembra si siano più volte disgustato; ma siccome la dicevano ricchissima lui ha tenuto sodo; ma ora sembra non se ne faccia più nulla poiché non è vero che era ricca, tanto più che ha sciupato con un altro anche le ottantamila lire; e che ora vorrebbe farle causa, accusandolo di estorcismo; si figuri come l’andrà a finire essendo questi un macellaio come era il defunto marito della meggera in discorso; tutta roba di bassi fondi. Basta vedremo come la va a finire. Se lei è ricca lui la sposerà certamente purché lo facia certo di devozione; se invece non lo è, avrà un bel daffare a levarsela di torno ora che è andato tanto avanti. Le assicuro io che è entrato in un gran ginepraio; fortunato lui se non le lascia la pelle. Mi si dice poi che oltre a quella, ne ha tante altre, e tutte della stessa sfera. Percui io ringrazio Iddio d’essermi allontanata da lui perché proprio non c’era più la mia convenienza. Certo che ho sentito moltissimo l’azione ricevuta e non la dimenticherò tanto facilmente. So che vo lassù per un utile ed interesse: dovevo sentirmi a dire che lo danneggiavo nell’interesse e che lo facevo star male: mentre poi è circondato da gente che rubava giù a mansalva. Tante volte dico che facevo bene a rubargli poiché lui lo vuole. Per conto mio sto bene lontano da lui poiché egli ha detto ch’io non metterò più piede in sua casa, non faccio niente di fatica a stare nella mia. Tutti come Lei hanno detto che ho fatto bene a venir via e si meravigliavano come avessi avuto tanta pazienza a tornare con una testa simile. Perdoni se l’ho trattenuto con tale noioso argomento la sola sua bontà a mio riguardo mi ha incoraggiata. Ed ora passiamo ad altro discorso. Mi dica un po’ come ha passato l’autunno voglio sperare bene poiché la stagione sino al presente è stata bella ed anche dolce, figuriamoci poi a Viareggio. Avranno goduto di una mite estate e questo con vantaggio della sua salute, che spero sarà ottima. Io pure sto bene e me la sono passata faciendo lunghe passeggiate in compagnia della Maria sui colli vicini. Ma ora sembra che la stagione voglia rompersi percui ci limitaremo a passeggiare per città ed a far visite agli arrivati dalla campagna. L’altro giorno la Maria si portò da una signora di mia conoscenza per fare un dolce il budino inglese, ed anche la zuppa imperiale. Le dirò che questa persona ha il suo libro, con tutto questo era imbrogliata, come pulcino nella stoppa e sì che il suo libro parla chiaro! Immagino che presto farà il ritorno a Firenze e le auguro ora un buon viaggio. Era mia intenzione scrivere anche a Marietta ma temo aggiungendo un altro foglio che la lettera passi il peso; sarà per un’altra volta. Intanto mi sia compiacente salutarmela tanto tanto anche a nome della Maria la quale riverisce Lei pure. A Lei invio i più cordiali saluti ed amichevolmente le stringo la mano dev.ma Giulia C.
P.S. I nostri saluti al buon Francesco.