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Cavina Giulia | 23/09/1906 | n.616

Lettera | Emilia-Romagna

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Bologna 23 settembre 1906

Stimatissimo sig. Artusi

Da tre giorni mi trovo a Bologna, di ritorno dalla campagna. Esso certamente si meraviglierà: ma il gentilissimo signor Giuseppe sgarbatamente ha voluto libero il campo per ricevervi la sua… non so denominarla perché non la conosco affatto. Quest’agosto nei giorni che io ero a Bologna la persona fu in discorso al Monteceneri: se l’avessi saputo, non vi sarei più tornata: ma lo seppi colà giunta, non prevedendo ciò che è avvenuto, ci fermammo come al solito per rimanervi sino alla fine di ottobre. Il giorno 20 corr(ente) incominciò parlando dei soliti tironi di creta ed insolentire me e la Maria, essendomi allontanata, continuò ancora dicendone di cotte e di crude, siccome la Maria si difendeva allora finì per scacciarla di sua casa. Allora dal chiasso che faceva Lui e dai pianti dell’altra intervenni e le dissi che diritto aveva lui di licenziare la servente degli altri, o che ero brava io se conoscessi che se lo meritasse. Poi cercavo di persuadere la Maria a fermarsi sino al mattino che saremmo partite tutte e due ma questa a ripetere ciò che esso aveva detto e terminò col dire che io non avrei mai messo più piede in casa sua, e accusa Lei, e che noi eravamo la sua rovina pegli interessi e di danno alla salute. Esso presente, non smentì mai nulla di quello che diceva l’altro allora io mi rivolsi a Lui e le dissi se dovevamo partire, esso rispose di si, ed io ipsofatto facemmo fagotto e partimmo. Esso ci lasciò fare senza aggiungere una parola per trattenerci, solo disse, che ricordassi di non dire che mi aveva mandata via. Ecco il moralista fin dove è arrivato. Fui dispiacentissima di lasciare quei luoghi, e di allontanarmi dai contadini i quali si sono mostrati tutti addoloratissimi sino i bambini hanno mostrato il loro sdegno verso il padrone per l’azione che mi ha fatto credo che poteva contenersi diversamente; che ne dice? L’affetto addimostratomi da quei buoni contadini mi ha vivamente commossa ed è stato balsamo al mio cuore sdegnatissimo. Esso per coprirsi dice che io sono una stupida perché ho voluto seguire la Maria licenziata da lui: io invece le dico che abbattuto la sorella, perché non poteva battere il cavallo non avendo io continuato ad altre cose. Lo sempre detto che io sarei stata un ostacolo a suoi maritaggi; percui sono contenta di non aver fatto casa con lui. Esso forse le scriverà in proposito chi sa cosa ha pensato in questi giorni, sul giornale, per atteggiarsi a vittima! Capisco ch’io sono pei fratelli un peso, ma posso dire francamente che non cercai mai di esserlo se loro fossero stati meno egoisti specialmente il signor Giuseppe che ne è stato il capo, bene o male sarei colocata, per cui si rassegnino al peso che hanno voluto assumersi, non dico altro. Perdoni se lo trattenuto con questa mia lunga cicalata. Desideravo farle sapere tutto, e nient’altro. La nostra salute è buona, spero che anche loro specialmente Lei godino di salute. La stagione costì è molto variabile lunedì e martedì scorso facevano giornate autunnali, tanto per la pioggia come per il freddo, ora è caldo. Ed a Viareggio come stanno a temperatura? Il giorno 21 il povero ing. Dellagri passò a miglior vita; le sue condizioni di salute erano tali da non augurarle certo l’esistenza. Della sua nipote signorina Melandri non ebbi più notizie; le scrissi dopo la loro partenza e le mandai un disegno, invitandola di venirci a trovare. Allorché le scrive mi ricordi. Voglia essere cortese di salutare per noi la cara Marietta solo sarà rimasta in sentire le gesta delle 9 e tre quarti, saluti anche per Francesco. Mentre faccio punto, che non è più punto le invio i miei più cordiali saluti e quelli della Maria. Stia sano e mi creda sua dev.ma Giulietta C.

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