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Urbanis Ugo | 26/06/1910 | n.1682

Lettera | Friuli-Venezia Giulia

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Trieste 26 giugno 1910

Signor Artusi carissimo

È superfluo il dirle con quanto piacere ricevetti le poche righe di scritto che Ella ebbe la bontà di indirizzarmi. Segno dunque che Ella non solo non si è dimenticato di me ma che conserva anzi per me, sempre, la cara amicizia. Grazie dunque infinite. L’invernata dunque non le fu favorevole! Io mi figuravo tutto all’opposto. Un inverno così mite così bello, difficilmente incontreremo. E cosa dice di questa stagione infame? Almeno qui, non fa che continuamente piovere e porta quindi un danno immenso a tutti quelli che hanno dei locali al aperto, quelli che vivono dei forestieri, dei bagni ecc. Mio cognato il quale ha voluto aprire in un luogo di bagni, vicino a Trieste, un Bar-Confiserie, ne risente dei danni non piccoli. Fortunatamente io non ho voluto essere immischiato in questa nuova speculazione, e ne sono assai contento. Del resto, poco posso dirle di me. Sono qui dalla mattina alla sera che mi occupo a raddrizzare le sorti di questa mia sconquassata azienda. Ci riuscirò? Lo spero, ma ci vorrà in tutti i casi un aspro e lungo lavoro. Anni parecchi di lotta e di sacrifici mi attendono (poco bella prospettiva all’età mia). Forse otto, forse dieci e sempre ben inteso se trovo attorno a me chi mi appoggia, chi mi aiuta. Ogni qual tratto mi trovo in mezzo a difficoltà dalle quali non so come uscirne, e sono sempre difficoltà di denaro. Ho impiegato anche quel poco che avevo ricavato dalla vendita del mobilio e anche parte dai gioielli di mia moglie. Faccio ogni sforzo insomma per fare buona figura, per estinguere a poco a poco le ingenti passività accumulate sulla mia azienda. Spero, ripeto, di poterne saltar fuori. Passo, però, dei gran brutti momenti pieni di ansie, pieni di sconforto. Fortuna ancora, che mi sento sano e vigoroso. Ora no, perché è la stagione di calma, ma c’è stato un periodo che rientravo la sera a casa stanco morto dalla fatica. Ed è anche un'altra fortuna, che vivo presso le mie cugine, buone, affettuose, che hanno ogni premura per me. Pranzo e ceno insieme a loro e così ho un po’ di svago, l’illusione di aver ancora una famiglia. Quello che mi tormenta è quello di dover scrivere qui con la luce elettrica (e non c’è il caso di fare altrimenti), la quale influisce dannosamente sulla vista. Così è. Mia cognata mi ha scritto, mi ha raccontato tutto, e capisco anch’io che non può essere soddisfatta della vendita. Mi ha detto di aver acquistato una casa, quella in Via della Scala, vicino all’ingresso dell’Officina di S. Maria Novella tutta dipinta ad affreschi dove c’era una volta una esposizione artistica. Che sia un buon affare? Ma veniamo a Lei, caro signor Artusi, e mi dica come impiega le sue giornate, cosa legge di bello, quali progetti ha per questa estate. Io, è inutile dirlo, per questo anno e per chi sa quanti anni ancora non potrò muovermi da Trieste. Perché non fa Lei una scappata fino a qui? Scusi dopo la sua villeggiatura della Porretta perché anzi che discendere da un versante dell’Appennino non discende dall’altro, e non fa una corsa fino a Venezia, alla incantevole Venezia, c’è anche una ben riuscita esposizione artistica quest’anno. Da Venezia a Trieste poi, non ci sono che quattro ore di ferrovia. So le mille obbiezioni che Lei saprà trovar fuori, ma se mi facesse questa improvvisata, la sarebbe una gran bella cosa. Avanti di chiudere questa forse troppo lunga mia, voglio indicarle un ottimo libro, che mi fu prestato giorni fa, e che è una vera miniera di cose interessanti e piacevoli. Si intitola "Et ab hic, et ab hoc" scritto da un erudito bibliotecario che si nasconde sotto lo pseudonimo di "Scarlatti". Il libro è edito a Roma e fa parte della biblioteca della Rivista “Minerva” diretta dal Garlanda. Glielo raccomando, se la goderà un mondo. Mi ricordi affettuosamente alla tanto cara Marietta e alla gentilissima e simpaticissima signorina Itala. A Lei, mio buon signor Artusi, ottimo amico, come io mi permetto di chiamarla, un caro, affettuoso bacio. Mi conservi sempre la preziosa sua amicizia. Affettuosissimo suo Ugo Urbanis.

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