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Ruffilli Francesco | 12/08/1906 | n.1551

Lettera | Toscana

CCM Transcript

Firenze 12 agosto 1906

Pegg.mo signore padrone

Oh ricevuto con piacere la sua cartolina, dove non risposi alla sua del 4 corrente perché temevo che non la ricevesse piu a Castello. Qui in casa sua nulla di nuovo, tutto in ordine una casa che è un’ ospecchio, ma cio fatto delle belle sudate, basta mi davono un gran pensiero a rimettere tutta quella mobilia avedendola a monti di barricate; ora son contento. Anzi oggi aspetto la signora Iole a vedere i lavori fatti. Mi diceva nella sua perche dei giornali cosi sotto fascia feci per vedere se li riceveva più in regola per altro, dal Landi andai io avisarli che venissero a prendere quei fogli timbrati, dove li anno gia ritirati; luccelino e sempre in casa, e ha tante cantatine un poco lo metto nella gabbia perche prenda un po di fresco, e poi libero nella dispensa, e sempre agevole e buono. In quanto ai miei fratelli di Milano mi scrisse mia sorella, gia lavrai letto nei giornali il disastro dell’incendio, io poi non o più scritto. Oh gia fatto la conserva di pomodori che sono una trentina di bottiglie e mi pare che sia riusita buona. O gia fatto la provista della legna, di 27 quintali, mille fassinotti, cinquecento pine, un quintale e mezzo carbone, tutto al posto, e cosi non c'è più da pensarci. Venerdì mattina presi pure otto chili di lampone, dove e sempre in framentazione, o fatto quattro vasetti di conserva, qui poi io tengo i conti precisi ed i pesi, per regolarmi con quello che prenderà la signora Puccioni, e quello che avrà lei. In quanto a vendita dei suoi libri o fatto poco affari, solo tre copie ne o dato via. Ierisera alle sette venne il sig. Pettini dove si trovano a Firenze, per la ragione che la Ginevra e amalata, di polmonita, ma la sig. Burresi col figlio e la donna sono a Livorno all’Ardenza, che mi diceva che spendano molto, e che vorrebbero passare il settembre a Viareggio, e mi facceva certe domande della casa che si va noi, se cera molte stanze, e se era molta cara, in somma, capi dove voleva cascare, mi disse che lo salutasse tanto. Sento con piacere che le sta bene, come Marietta, io solo gli dirrò non ce male, ma con questo gran caldo con queste genti per casa, e tutto sempre spalancato, o passato delle gran brutte giornate, che avevo certi nervi che non potevo piu; oggi sono contento, che guardo la sua bella sala, e camera de forestieri, che luccida come uno specchio, come pure tutte le altre, tutte in ordine, io fatto di meglio che o potuto, ora poi toccherà la sig. Marietta a mantenersele. Altro non mi rimane che salutarlo distintamente, come Marietta mi creda suo servo Francesco Ruffilli.

FA transcription

Firenze, 12 agosto 1906 [AA, CAF, n° 1551; lettera]

Francesco Ruffilli a Pellegrino Artusi: piazza Vittorio Emanuele, n. 6 p. 2°, Bagni della Porretta [l’indirizzo si ricava dalla lettera di Piero Burresi: AA, CAF, n° 566].

[Nota di Artusi] Firenze 12 Agto | 1906 | Francesco Ruffilli[1]

Firenze 12 Agosto 1906.

P[r]egg.m[o] Signore Padrone

Oh riccevuto con piacere | la sua cartolina, dove non risposi | alla sua del 4 corrente perchè teme=|vo che non la riccevesse[2] piu a | Chastello[3]. Qui in casa sua nulla di | nuovo, tutto in ordine una casa che | e un’ospecchio, ma cio fatto delle | belle sudate, basta mi davon\o/[4] un | gran pensiero a rimettere tutta quel-|la mobilia vedendola a monti di | ba\r/ricate; ora son contento. Anzi oggi | aspetto la signora Iole[5] a vedere | i lavori fatti; Mi diceva nella | sua perche dei giornali cosi sotto || fascia feci per vedere se li riceveva | piu in regola per altro, dal Landi[6] | andai io [a] avisarli che venissero a pren-|dere quei fogli timbrati, dove li anno | gia ritirati; Luccelino e sempre in | casa, e fa tante cantatine un poco | lo metto nella gabbia perche prenda | un po di fresco, e poi libero nella | dispensa, e sempre agevole e buono[7]. | Inquanto a miei fratelli di Milano mi | scrisse mia Sorella[8], gia lavrai letto | nei giornali il disastro dell’incendio[9], | io poi non o piu scritto.

Oh gia fatto la conserva di pomodori | che sono una trentina \di bottiglie/[10]e mi pare che | sia riuscita buona. Ogia fatto | la provista della legna, di <2> 7. quintali, | mille fassinotti[11], cinquecento pine, | un quintale e mezzo [di] carbone, tutto | al posto, e cosi non ce piu da pensarci. || Venerdi mattina presi pure otto chili | di lampone, dove e sempre in framen-|tazione, o fatto quattro vasetti di | conserva, qui poi io tengo i conti | precisi ed i pesi, per regolarmi | con quello che prenderà la Signora | Puccioni[12], e quello che avrà lei.

In quanto a vendita dei suoi libri | o fatto poco affari, solo tre copie | ne o dato via[13]. Ierisera alle sette | venne il Sig. Pettini[14]dove si trovano | a Firenze, per la ragione che la Ginevra[15]e amalata, di palmonita, | ma la Sig. Burresi col figlio[16] e la | donna[17] sono a Livorno all’Ardenza, | che mi diceva che spendano molto, e che | vorrebbero passare il Settembre a | Viareggio; e mi facceva certe doman=||de della casa che si va noi, se cera | molte stanze, e se era molta cara, | in somma, capi dove voleva cascare), | mi[18] disse che lo salutasse tanto.

Sento con piacere che le[i] sta bene, | come Marietta, io solo gli dirro | non ce male, ma con questo gran | caldo con queste genti per casa, | e tutto sempre spalancato, o passa-|to delle gran brutte giornate, | che avevo certi nervi che non pote-|vo piu; oggi sono co\n/tento[19], che guardo | la sua bella sala, e camera de fora-|stieri, che lucida come uno specchio, | come pure tutte le altre, tutte in | ordine, io fatto di meglio che o potuto, | ora poi toccherà la Sig; Marietta a | mantenerrele. Altro non mi rimane | che salutarlo distintamente; come Mariet-|ta mi creda suo servo

Francesco Ruffilli[20]



[1] Nel margine superiore dell’ultimo foglio, a destra.

[2] L’ultima -e è corretta su altra lettera.

[3] -o corretta su altra lettera. Si intende Castel San Pietro dell’Emilia.

[4] -o aggiunta nel soprarrigo, con un segno di inserimento; la -n- sembra aggiunta in un secondo momento.

[5] «aspetto la signora Iole»] La signora Iole Puccioni, proprietaria dell’immobile.

[6] Salvadore Landi è lo stampatore della Scienza in cucina, direttore della tipografa L’Arte della stampa, sita in via Santa Caterina, al civico 12, poco distante dall’abitazione di Artusi. Cfr. Giovanna Frosini, Parole in casa. I domestici scrittori di Pellegrino Artusi, in Il secolo artusiano, Atti del convegno (Firenze-Forlimpopoli 30 marzo-2 aprile 2011), a cura di Ead. e Massimo Montanari, Firenze, Accademia della Crusca, 2012, p. 13.

[7] L’ultima -o è corretta su altra lettera.

[8] «mi | scrisse mia Sorella»] Francesco aveva due sorelle, Giulia e Pia Geltrude (vedi Stato di Famiglia originario di Ruffilli Francesco, Servizi Demografici, Comune di Cesena, riportato in Monica Alba, Giovanna Frosini, Domestici scrittori. Corrispondenza di Marietta Sabatini, Francesco Ruffilli e altri con Pellegrino Artusi, Sesto Fiorentino, Apice Libri, 2019, p. 185.

[9] «gia lavrai letto | nei giornali il disastro dell’incendio»] Il 3 agosto 1906 il padiglione dell’arte decorativa e quello dell’architettura dell’Esposizione internazionale di Milano furono devastati e rasi al suolo da un incendio. Le fiamme divampate nella notte per cause sconosciute non risparmiarono nulla, causando ingenti perdite tra opere d’arte e documenti storici. La Domenica del Corriere del 12 agosto 1906 dedicò al disastro la prima pagina; nell’ampio articolo che dava notizia dell’incendio, venivano mostrate ai lettori le prime foto di quel che rimaneva dei due padiglioni (cfr. La Domenica del Corriere, Anno VIII, n. 32, pp. 1-4).

[10] «di bottiglie»] È aggiunto nel soprarrigo, con un segno di inserimento.

[11] «mille fassinotti»] Le fascine sono fasci di legna da ardere. Per Tommaseo (Niccolò Tommaseo, Dizionario dei sinonimi della lingua italiana, Napoli, Stabilimento tipografico R. Pesole, 1892) i fascinotti sono quelli «che si bruciano in un caminetto».

[12] «la Signora Puccioni»] Iole Puccioni è la madre di Nello Puccioni, proprietario dell’intero palazzo sito al civico 25 di piazza D’Azeglio, e quindi anche dell’appartamento di Artusi. La famiglia Puccioni viveva al primo piano. Vedi lettera n° 1548, nota 2.

[13] v- corretta su altre lettere.

[14] Gustavo Pettini e Clotilde Montani Pettini sono i genitori di Luisa Pettini Burresi. Come si ricava dalla corrispondenza epistolare, la famiglia Pettini fu molto legata ad Artusi. Vedi la corrispondenza con Clotilde Montani (AA, CAF, n° 1328-36), e con Gustavo Pettini (AA, CAF, n° 1414); vedi anche Piero Camporesi - Laila Tentoni, Artusi, Pellegrino lungo la via Forlimpopoli -Firenze- Forlimpopoli, in Pellegrino Artusi e la sua Romagna, a cura di Id. e Luciana Cacciaguerra, prefazione di Alberto Capatti, Forlimpopoli, Casa Artusi Editore, 2012, p. 8.

[15] Dallo scambio epistolare di Artusi con la famiglia Pettini non si ricavano molte notizie sull’identità di Ginevra (non essendo menzionata nella partecipazione di morte di Ernesta Pettini, cognata di Clotilde e zia di Luisa, si deduce che non fosse una parente stretta; cfr. AA, CAF, n° 1413). Ginevra, presenza costante in casa Pettini, fu probabilmente la domestica di Clotilde. L’11 agosto 1909, Luisa Burresi Pettini si trova a Viareggio e in una lettera inviata ad Artusi annuncia la morte di Ginevra attraverso queste parole: «ebbi la dolorosa notizia | che la povera Ginevra | era peggiorata e su-||bito dopo venne la fine… […] | È vero quanto | Ella mi dice; è molto | triste ed abbattuta la | Mamma mia, e non | le so dar torto per quan-||to faccia di tutto per sol-|levarla; la perdita di persone buone, affezio-|nate e care non può | fare a meno di rat-|tristare un animo sensibile; i nostri cari | perduti hanno dirit-|to al nostro rimpian-|to sincero e profondo-|| e solo il pensiero che ci | sarà dato rivederli | un giorno, può farli | sembrar meno ama-|ra la separazione» (AA, CAF, n° 554).

[16] Piero Burresi, il figlioccio di Artusi.

[17] «e la | donna»] La donna di servizio.

[18] m- corretta su altra lettera.

[19] La prima -o- è corretta su altra lettera.

[20] Francesco racconta anche l’incontro con il signor Gustavo Pettini, caro amico di Artusi, che, nonostante il caldo estivo, è costretto a rimanere a Firenze per motivi familiari, a differenza della figlia e del nipote che invece sono in vacanza a Livorno. Proprio il 12 agosto 1906, il piccolo Piero Burresi – figlioccio di Artusi – scrive al padrino da Livorno, raccontandogli le vacanze al mare. Dalla cartolina si ricava che Artusi a quel tempo si trovava ai Bagni della Porretta; si veda la trascrizione della lettera n° 566.

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