Righi Carlo | 12/01/1908 | n.1506
CCM Transcript
Faenza [RA] 12 gennaio 1908
Municipio di Faenza – Direzione Telefoni e ispettorato – Illuminazione elettrica
Stimatissimo signor Artusi - Firenze
La sua lettera è giunta molto a buon punto e ha fatto un gran bene alla Sina e anche a me. La Sina credo le abbia scritto, perché l’ho vista intenta a scriverle, e non ha voluto che io veda ciò che le scriveva. Io le scrivo dopo che è tornato Eutimio, l’Enrica e Nino da Lugo dove sono stati oggi per un tentativo: è necessario vendere il fondo al più presto e togliere la paura del fallimento e relative possibili conseguenze. Ma poiché con una scrittura privata il fondo sarebbe affittato per altri due anni, se potesse tornare del Melandri o della sorella, i contadini sarebbero tenuti a pagare la corrisposta al nuovo proprietario, e se questo fosse la sorella, essi la dovrebbero pagare a lei cioè tre mila lire annue e lei passarne una parte al Melandri Eutimio e famiglia. Di più avendo il contadino 4000 lire di debito, se il fondo tornasse della famiglia Melandri o parenti, si potrebbe rientrare nel credito e così fra queste 4000 lire e i due anni di rendita a 3000 lire l’anno, avrebbero 10000 lire che i Melandri potrebbero in gran parte riavere, se invece va venduto all’asta questa somma va del tutto perduta. Si trattava quindi di comprare il fondo la Francesca, mettendo una ipoteca provvisoria sui due fondi, poi una volta suo, fare un’operazione col credito fondiario e liberare i suoi fondi. Eutimio come ultima àncora di salvezza ha voluto tentare, io non ci sono andato, ma l’esito è stato negativo come prevedevo. Tornati qui, abbiamo deciso, anzi, ho deciso che loro vengano a stare con me. Se mangio io, mangeranno anche loro. Questa sera è stata, la mia casa, la casa del dolore! Nino se non potrò mantenerlo io agli studi, lo impiegherò in ferrovia subito o fra sei mesi al massimo. Si venderà il fondo all’asta, e fra quindici giorni o un mese tutto sarà finito. Dopo vedrò di trovare una occupazione a Eutimio. Ma chi fa pena in questa situazione, è la povera Enrica che si sente estranea in casa mia e… senza casa. Ella sa, glie lo ripeto, che la mia è la sua casa, ma non le si arrestano le lagrime. Ma, se ho della salute, a me tutto ciò non spaventa affatto. I lavori non mi mancano, e se potrò muovermi più à mon aise finanziariamente, io saprò guadagnare molto bene. Mi scriva, che le sue lettere giungono molto gradite e con una sincera stretta di mano, mi creda dev.mo Carlo Righi.