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Righi Carlo | 15/11/1906 | n.1483

Lettera | Emilia-Romagna

CCM Transcript

Faenza [RA] 15 novembre 1906

Carlo Righi Faenza

Pregiatissimo signor Artusi

Ho appreso oggi una cosa che mi ha fatto molto piacere, e me ne ha fatto ancor più, in questi giorni in cui molte noie vengono a rattristarmi quando invece tutto avrebbe dovuto venire a rendermi dolce la vita: intendo alludere alla lettera che Ella ha scritto alla Samorè Emma. Ho saputo oggi che quella donna ha avuto la sfacciataggine di scrivere anche a Lei, e indirettamente io ho potuto sapere oggi che Lei le ha risposto per le rime e in modo così giusto che mi ha arrecato infinito piacere. Io le chieggo scusa se indirettamente per colpa mia Ella è pure stata disturbata da quella donna. Il mio retto agire nella vita speravo mi dovessero risparmiare dispiaceri simili, ma si vede che io non sono un uomo fortunato! avrei bramato giustificarmi a voce (ma gli affari mi hanno vietato di allontanarmi). E non le dico quanto mi dispiaccia di essere (se anche lontanamente) sospettato di agire non correttamente. Ci tengo perciò a giustificarmi almeno per lettera. La mia posizione morale ed economica mi ritenevano degno di chiedere la mano della signorina Rosina. Il mio cuore mi spingeva a farlo. Chiesi la mano della signorina, sapendo di non avere obblighi con chicchessia. Una donna della quale io sono stato il quinto amante, la di cui posizione morale è ben conosciuta da tutti, cominciando da questo signor sottoprefetto, si mise in testa di osteggiare il mio matrimonio atteggiandosi ad innamorata, ma non producendo e non accampando diritti, sapendo bene che non poteva farlo. Minacciata di querela, per questo disturbo della quiete privata, da me, ha rilasciato, mercé l’intervento di autorevoli persone, una ampia dichiarazione nella quale esplicitamente dichiara che essa ha inviato lettere anonime e cartoline oscene a molte persone, e che io non ho obblighi verso di lei. Questo deve bastare a dire chi è costei, ma però questa donna anche dopo di questa dichiarazione, stupidamente insiste nel disturbare Lei, e nello scrivere anche al signor Eutimio, una lettera pregandolo di non concedere la mano della signorina a me. Dopo questi tentativi il signor Melandri pur avendo ottenuto su di me buone informazioni è stato titubante nell’accogliere questa mia domanda per il fatto dell’esistenza di questa donna. Questa cosa mi ha arrecato indicibile dolore, essendo le mie intenzioni sincere e prodotte da un affetto intenso. A provare perciò che quando io ho pensato di rivolgermi alla famiglia Melandri con serie intenzioni, io ero libero di farlo, in seguito anche alle lettere stupide che quella scrive, le ho, quest’oggi stesso, dato querela, però sopra fatti pei quali non è necessario fare mai il nome di nessuno. Le confesso che avrei preferito che i signori Melandri, dopo saputo che io sono un galantuomo e che non ho obblighi con nessuno, fossero stati capaci di ridere di cretinaggini, di minacce vane e di lettere anonime, e dare a me, e spero anche alla signorina, quella felicità che aneliamo rispondendo così (e dando quel peso che valgono) alle lettere di colei, come ha risposto Lei, ma loro così non la intendono, e io rispetto la loro decisione. Per cui io non so se dopo la decisione del pretore condannante colei, i genitori della signorina Sina crederanno di concedermi la sua mano. Felice o triste che sia per essere la risposta che mi daranno, io ci tengo a questo: che Loro (e anche Lei che ingiustamente è stato disturbato) sappiano che entrando in casa Melandri, io sapevo di essere libero da impegni di sorta, e che ero, sono e rimango un galantuomo. La prego di nuovo scusare, se per colpa mia anche a Lei sono giunte noie, della qual cosa sono assai dolente. Mi conservi la sua amicizia e mi creda con distinta stima dev.mo Carlo Righi.

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